Intervista di Riccardo Corsetto
“Sotto Porta di Roma c’è un sito archeologico che si estende su un’area grande sei volte Pompei.”
D:
Me lo dice così? Lei che prende… un primo o un secondo?… Ripartiamo un
attimo dall’inizio. Quando ci siamo incontrati la prima volta, in quel
container uso ufficio a Porta di Roma (la galleria commerciale era
ancora un’idea) lei era entusiasta di quel progetto a cui lavorò. Era
onorato di lavorare al più grande centro commerciale d’Europa. Possiamo
fare il suo nome?
R: Preferirei di no. Non è opportuno.
D:
D’accordo. Però lei ha collaborato come ingegnere alla costruzione di
quella che fino a poco fa è stata la più grande galleria commerciale
d’Europa con i suoi duecento venti negozi e 115 mila metri quadrati tra
Fidene e Bufalotta. Questo dobbiamo dirlo. Per chi lavorava?
R: Porta di Roma nasce come progetto dei costruttori Toti e Parnasi, ma
poi si costituì un consorzio con dentro tutti i più grandi imprenditori
edili. Da Caltagirone a Mezzaroma. Da Lamaro a grandi gruppi della
distribuzione come Auchan che oggi occupa circa la metà della galleria.
D: Lei sostiene che sotto il centro commerciale ci sia una città romana grande come Pompei.
R: Non ho detto Pompei. Ho detto un’area grande come sei volte Pompei.
D: E’ consapevole di quello che dice?
R: Non è una mia supposizione. Ci sono i sondaggi fatti dagli
incaricati della soprintendenza che lo testimoniano. L’accordo di
programma prevedeva non a caso un Parco archeologico.
D: Nel famoso Parco delle Sabine.
R: Esatto in quello che doveva essere un centro urbanistico evoluto,
sul modello olandese, con siti archeologici, residenze e addirittura una
metropolitana, il prolungamento della linea B che doveva arrivare da
Conca d’Oro.
D: Oggi non c’è né la metro né il parco archeologico. Perché?
R: E’ stato tutto insabbiato. Letteralmente. Una parte della antica
Fidanae di cui parla lo storico romano Tito Livio, città di origine
etrusca e poi divenuta colonia romana, è stata seppellita per sempre dai
7mila posti auto di Porta di Roma.
D: La soprintendenza
romana ai beni archeologici ha parlato ufficialmente di siti di limitata
importanza, impossibili da valorizzare. Troppo costosi da
dissotterrare.
R: Certo, valorizzare un sito archeologico
di quasi tre milioni di metri quadrati richiede sforzi notevoli. Guardi
la storia della manutenzione di Pompei. Che è solo un sesto di quello
che c’è sotto Porta di Roma.
D: Aspetti. Facciamo due conti
perché lei non la racconta giusta. Ma se Porta di Roma, intendo la
galleria, è di 115 mila metri quadrati, come può starci sotto una città
di 3 milioni di metri quadrati? Non sta in piedi.
R: I
sondaggi dimostrarono che tutta la zona è interessata da reperti. Si
tratta per lo più di ville e reperti che confermavano la presenza di un
esteso insediamento urbano. Il mosaico che è stato conservato al primo
piano del centro commerciale, buttato lì senza nemmeno una scheda
storica, è solo la punta dell’iceberg.
D: Cosa ci dice?
R: Un mosaico di quel genere, secondo gli esperti poteva appartenere
solo a ville inserite in contesti agglomerati. Romolo conquistò l’antica
Fidanae nel 748 a.C. ma al di là di ogni considerazione
storico-urbanistica ci sono le mappature dei tecnici della
Soprintendenza che fanno testo e che io ho visto con i miei occhi. Mi
creda, nel Parco delle Sabine, e in gran parte sotto il centro
commerciale Porta di Roma è sotterrato e nascosto uno dei più grandi
siti archeologici italiani.
D: Lei è un ingegnere dell’Ordine di Roma. Perché non parlò della cosa ai tempi della cantierizzazione.
R: Pensavo spettasse alla Soprintendenza far emergere quel patrimonio culturale.
D: Perché non l’avrebbero fatto secondo lei?
R: Perché la conseguenza sarebbe stato il blocco del progetto edile.
Sia della galleria che dell’area residenziale. Vada a visitare oggi via
Carmelo Bene. Cosa le sembra?
D: Cos’è ora le fa lei le domande?
R: Le piace quel quartiere?
D: Gli esperti di urbanistica ne parlano come un dormitorio.
R: Giusto. E credo lei sia intelligente quanto basta per capire che un
archeologo non ha il potere di competere contro un cartello che detiene
il novanta per cento del mercato edile della Capitale.
D: Lei sta accusando la Soprintendenza di non aver fatto bene il suo lavoro?
R: Io dico che c’erano delle mappe. Io le vidi al tempo dei sondaggi.
Ho assistito a tutta la fase degli scavi. Faccia un accesso e se le vada
a consultare.
D: L’archeologo Roberto Egidi della
Soprintendenza, a cui va il merito della conservazione del mosaico a
Porta di Roma e delle Giare nel parcheggio Ikea ad Anagnina sostenne che
è impossibile conservare tutto di queste rovine.
R: Guardi è solo economicamente sconveniente, ma solo per una società come la nostra.
D: Che intende?
R: Che Porta di Roma ospita ogni anno 19 milioni di clienti. Piu’ del
doppio rispetto ai visitatori del Colosseo, degli Uffizi, delle Gallerie
dell’Accademia di Firenze, di Pompei e Castel Sant’Angelo messi
insieme. A San Pietro arrivano appena 11 milioni di visitatori l’anno,
appena la metà delle persone che si recano a Porta di Roma. Credo che
sia un problema di cultura. E’ più giusto parlare di ignoranza che di
disinteresse. L’ignoranza di non capire che un parco archeologico in una
società evoluta può fare PIL più che un tempio che vende stracci e
mobilio nordico di qualità orientale.
D: Così rischiamo una querela. Il mobilificio di cui parla permette a tante giovani coppie di arredarsi casa.
R: Lei può fare come i soprintendenti. Nascondere questa intervista sotto la terra.
D: E’ lei che ha voluto fare l’intervista anonima. Noi ci firmiamo. Ma lei ci va a fare acquisti a Porta di Roma?
R: Ogni tanto. Ma sempre con un senso di inquietudine.
(L’UNICO)
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